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RAPPORTO GLI ITALIANI E LO STATO - 2018

Rapporto annuale sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti delle istituzioni e della politica, realizzato su incarico del Gruppo L'Espresso.
XXI RAPPORTO GLI ITALIANI E LO STATO

1. GLI ITALIANI E LE ISTITUZIONI
[L. Ceccarini e M. Di Pierdomenico]

È una società disorientata quella ritratta dalla XXI edizione dell'Osservatorio Demos su Gli italiani e lo Stato. I cittadini se da un lato sono immersi in un clima di effervescenza civica e politica, che rimanda alla protesta e all'impegno, dall'altro appaiono anche alla ricerca di approdi forti per superare quella disillusione che li caratterizza ormai da lungo tempo. La rivalutazione di alcune istituzioni conferma la valorizzazione dell'apparato pubblico e democratico. Lo Stato (+10 punti percentuali), il Presidente della Repubblica (+10), il Parlamento (+8) sono quelle che più guadagnano la fiducia degli italiani nel corso dell'ultimo anno. Cresce meno l'UE (+3) a livello sovranazionale, la Regione (+1) e i comuni (+5) in quello subnazionale. Oppure i partiti (+3). Anche la fiducia negli "altri", nelle altre persone, accenna una ripresa (+4). Sembra quasi che dopo anni di difficoltà e di fronte al rumore degli ultimi mesi, il timore di vedere implodere la comunità sia cresciuto e si sia allargata la voglia di consolidare la dimensione civile e politica come fattore di integrazione sociale; la voglia, cioè, di ricostruire un nuovo rapporto tra cittadini e stato. Ma vi è anche un'altra faccia. È quella dedita alla protesta e all'impegno pubblico, che disegna il profilo degli italiani in questa fase. Tutti gli indicatori della partecipazione salgono. Ciò denota un attivismo frammentato, disperso nella dimensione locale, che raramente ottiene l'attenzione dei media nazionali proprio perché granulare e diffuso. Il 18% degli italiani dice di aver partecipato ad azioni di protesta o a manifestazioni politiche nel corso dell'ultimo anno. Il 33% ha firmato petizioni. Circa il 40%, anch'esso in aumento, si è attivato in iniziative riguardanti la città o il territorio. Lo stesso avviene per le forme di impegno via Internet o attraverso stili di comportamento come il consumo responsabile, che fanno osservare un trend in crescita (l'indice sale dal 55 al 59). È ciò che si registra anche rispetto alla partecipazione sociale, il cui indice passa dal 62 al 69. Nell'insieme emerge l'immagine di una società attraversata da tensioni e da paure. Ma anche da tante aspettative orientate verso la politica e finalizzate al superamento dell'incertezza che continua ad avvolgere il futuro degli italiani, come sostiene la metà (48%) degli intervistati.




2. TRA PUBBLICO E PRIVATO
[L. Gardani e N. Porcellato]

Tra pubblico e privato, gli italiani scelgono...sé stessi. I dati presentati oggi sembrano mostrare un mix di individualismo, familismo e insoddisfazione che tiene ferma la società nei suoi singoli timori.

C'è la (tradizionale) insoddisfazione verso il pubblico: l'indice sintetico è fermo a 43, esattamente dove era un anno fa. Scuola pubblica (45%) e sanità (42%) non mostrano variazioni significative.

È in stallo il giudizio sui trasporti urbani, che con il 29% odierno non si discosta dai valori del 2017, mentre il favore verso le ferrovie scende dal 33 al 30%.
Tende ad aumentare, invece, il gradimento verso il privato: la specifica misura sintetica sale infatti da 46 a 49. Questa crescita appare trainata soprattutto dall'incremento dei giudizi positivi sull'assistenza sanitaria privata (che salgono dal 56 al 61%), mentre appaiono stabili (da 36 a 37%) quelli espressi verso le scuole non statali.

L'indice di propensione al privato, che misura la volontà di ridurre la presenza dello Stato nella scuola e nella sanità in favore del privato, però, si ferma a 26: il valore non è dissimile da quanto registrato in passato.
Il pubblico non soddisfa, ma il privato non conquista: a chi guarda l'opinione pubblica?

Alla famiglia: la soddisfazione per il quadro economico dell'Italia si ferma al 26%, ma quella per la propria specifica situazione familiare raggiunge il 63%.
E alle azioni dei singoli: "se una persona trova dei ladri in casa ha il diritto di difendersi anche usando delle armi" è opinione condivisa, considerando congiuntamente moltissimo (25%) o molto (33%), dal 58% dei rispondenti.

Tra pubblico e privato, dunque, gli italiani sembrano avere pochi dubbi: l'unica cosa che conta, e da difendere ad ogni costo, è e resta la (propria) famiglia.






3. DEMOCRAZIA: INNOVAZIONE O SUPERAMENTO?
[F. Bordignon e A. Securo]

La democrazia rimane l'unico orizzonte possibile, per la maggioranza degli italiani. Anche se le sue istituzioni e le sue infrastrutture continuano a godere di pessima reputazione. E il suo funzionamento continua a sollevare diffusa insoddisfazione
.
Una minoranza tutt'altro che trascurabile - pari a quasi una persona su cinque (19%) - pensa che regimi di tipo autoritario siano preferibili, almeno "in alcune circostanze". Ma il bicchiere rimane per i due terzi pieno: il 67% ritiene non ci siano "alternative" alla democrazia. Almeno sul piano "ideale", visto che la democrazia "reale" raccoglie un grado di soddisfazione minoritario (42%), seppure in leggera crescita. Si fermava al 36%, nell'immediato post-voto. In sei mesi di governo pentaleghista, questo indice è aumentato di oltre dieci punti, alimentato soprattutto dal mutato giudizio dei "vincitori", che restano tuttavia i più tiepidi.

Gli elettori dei partiti di maggioranza rimangono, al contempo, i più scettici circa il ruolo delle istituzioni cardine della democrazia (rappresentativa). Quasi la metà - 47% nel caso della Lega, 49% nel caso del M5s - ritiene si possa fare a meno dei partiti politici. Oltre quattro su dieci pensano che le funzioni del Parlamento dovrebbero essere ridimensionate. Va comune segnalato come il "tempio della democrazia" - per quanto bistrattato, bypassato e spesso inoperoso - continui ad essere visto dal 61% come una istituzione fondamentale, cui restituire centralità.

Insomma, la democrazia piace (un po' di più) se la si governa: "oggi lo Stato siamo noi", ha dichiarato il vice-premier Di Maio, all'indomani della "conquista" dello Stato. Ma la ribellione nei confronti del sistema è un aspetto che continua a permeare il bacino elettorale dei partiti di governo. E si associa a una forte domanda di rinnovamento delle forme e degli attori della politica. Una domanda che la vittoria elettorale ha solo in parte normalizzato, senza tuttavia esaurirla. Anzi, nella posizione di governo trova uno spazio privilegiato attraverso il quale esprimersi.





NOTA INFORMATIVA

Il Rapporto su Gli Italiani e lo Stato, giunto alla XXI edizione, è realizzato da Demos & Pi per La Repubblica. La rilevazione è stata condotta da Demetra con metodo MIXED MODE (Cati - Cami - Cawi).
Periodo 10 - 14 dicembre 2018. Il campione (N=1.234, rifiuti/sostituzioni/inviti: 10.708) è rappresentativo della popolazione italiana con 15 anni e oltre, per genere, età, titolo di studio e area (margine di errore 2.8%).
L'indagine è stata diretta, in tutte le sue fasi, da Ilvo Diamanti. Luigi Ceccarini, Fabio Bordignon, Martina Di Pierdomenico, Ludovico Gardani, Natascia Porcellato e Alice Securo hanno curato la parte metodologica, organizzativa e l'analisi dei dati.
"I dati sono arrotondati all'unità e questo può portare ad avere un totale diverso da 100".
Documentazione completa su www.agcom.it


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