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RAPPORTO GLI ITALIANI E LO STATO - EDIZIONE X 2007

Rapporto annuale sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti delle istituzioni e della politica, realizzato su incarico del Gruppo L'Espresso.
COMMENTO GENERALE
[di Ilvo Diamanti]

Nell'anno dell'antipolitica, la fiducia nelle istituzioni scende al livello più basso registrato dal 2000 ad oggi. In particolare: la magistratura, la scuola, oltre, ovviamente, allo Stato. Anche, il consenso verso l'Unione Europea, fra i cittadini, cala al di sotto del 50%. Per la prima volta. Mentre il grado di fiducia nella Chiesa diminuisce sensibilmente. Perdono ulteriormente "credito" le banche. Per non parlare delle istituzioni rappresentative: parlamento e partiti. Pubblico e privato. Giustizia e interessi. Enti locali e nazionali. Poteri civili e religiosi. Nessun riferimento pare in grado di esercitare autorità sui cittadini. Questo inverno civile: sembra senza fine.
Altri segni lo rammentano, monotoni e puntuali. La soddisfazione dei servizi, soprattutto dei servizi pubblici, continua a calare. In misura massima: i trasporti urbani e le ferrovie. Al tempo stesso, aumentano sensibilmente l'insicurezza personale e l'insoddisfazione per il costo della vita.
L'ottimismo economico, riguardo alle prospettive del Paese, ma anche alla condizione familiare, nell'ultimo anno, si è raffreddato ulteriormente. Quasi metà delle persone ritiene, quindi, che oggi sia inutile fare progetti impegnativi "perché il futuro è incerto e carico di rischi".
Gli italiani sembrano, ormai, dediti a un esercizio di ordinaria sopravvivenza. D'altra parte, due persone su tre sono d'accordo con l'affermazione che "è meglio guardarsi dagli altri, perché potrebbero approfittare della nostra buona fede". Ci si attrezza, per questo, ad arrangiarsi, così come viene. Impegnati a "resistere", insieme ai propri familiari e alle (poche) persone amiche, giorno per giorno. Perché domani, chi lo sa...
Gli italiani. Diffidenti nei confronti degli altri e, ancor più, dello Stato. Di cui sopportano sempre più a fatica la pressione fiscale. Così, si allarga la quota di quanti ritengono lecito - comunque comprensibile - "pagare meno tasse del dovuto". In altri termini: evadere, o almeno eludere.
La sfiducia ha smesso di essere un vizio, un problema. Si è trasformata in un sentimento "normale". Quasi un "carattere nazionale". Gli italiani: creativi, fantasiosi. E poi: sfiduciati e diffidenti. Nei confronti dello Stato, del pubblico; ma anche del privato. Degli altri, ma anche di se stessi.
Per questo, l'istituzione di gran lunga più credibile è costituita dalle "Forze dell'ordine". Per lo stesso motivo, la parola "ordine" raccoglie consensi elevati e al tempo stesso trasversali. Vi si coglie una domanda di protezione nel "presente", visto che il futuro è difficile perfino immaginarlo.
D'altronde, la sfiducia e l'eclisse del futuro si richiamano reciprocamente. Parte della medesima sindrome. Perché la fiducia, come scrisse Georg Simmel, è "un'ipotesi sulla condotta futura". In altri termini, allarga l'orizzonte delle nostre scelte, delle nostre decisioni. Permette di assumere rischi "calcolati". A differenza di ciò che avviene da qualche tempo. Non solo in Italia, ovviamente. La "società del rischio" (delineata da Ulrich Beck) accomuna molti Paesi, molti contesti. Tuttavia, in Italia, l'incertezza è divenuta una patologia. Una condizione che non accenna a stemperarsi. Anzi: si drammatizza, a causa della specifica vicenda che ha caratterizzato la politica e le istituzioni, nell'ultima fase. Dopo la caduta della prima Repubblica, fin dal referendum del 1991 sulla preferenza unica, si è, infatti, avviata la (cosiddetta) "transizione" verso una nuova Repubblica. Definita da nuove regole, nuove istituzioni, nuovi attori politici. Sedici anni dopo non si è ancora conclusa. La discussione pubblica, infatti, prosegue, sempre più accesa, sulle stesse questioni. In base alla stessa agenda. Legge elettorale, cambiamento dei partiti, forma di governo, referendum. Tutto pare fermo e al tempo stesso in continuo movimento. Verso orizzonti più che mai confusi e nebbiosi. Impossibile soltanto immaginare che l'atteggiamento di sfiducia e insicurezza dei cittadini possa mutare. Che gli italiani possano guardare avanti. In questo "stato".
Al contrario, questo Rapporto rivela l'emergere di alcuni segnali inquietanti.
Gli italiani, infatti, faticano a capire di che si discute. Di conseguenza, non possono avere idee molto chiare, al proposito. Il quadro che appare loro di fronte è, comunque, confuso.
Due su tre ritengono che, ormai, non vi siano più grandi differenze tra i partiti. Certo: metà degli italiani pensa che "senza partiti non vi sia democrazia"; ma l'altra metà la pensa, evidentemente, in modo diverso. Anzi il 40%, circa, sostiene che anche senza partiti la democrazia possa funzionare egualmente bene.
Ancora: il 54% degli italiani crede che i partiti debbano avere una "base di iscritti". Ma il 60% preferirebbe che la scelta del leader avvenisse "attraverso elezioni aperte a tutti gli elettori interessati".
Lo stesso vale per la distinzione fra destra e sinistra. Metà degli italiani la considera ancora utile; ma l'altra metà la pensa diversamente; oppure non pensa nulla.
Insomma: più che "liquida" (per evocare la felice definizione di Zygmunt Bauman) la società italiana oggi appare "paludosa". Priva non solo di appigli a cui afferrarsi, per trovare stabilità e sicurezza. Ma anche di punti di riferimento, in base a cui orientarsi. Perché gli appigli e i riferimenti mancano, oppure cambiano di continuo. Oppure ancora: sono incomprensibili. Dal 1991, i cittadini sentono parlare di progetti politici e istituzionali sempre diversi, sempre provvisori, con un linguaggio sempre più cifrato. Partiti che cambiano nome e cognome; coalizioni a "geometria occasionale". E modelli istituzionali sempre nuovi. Diversi. Leggi elettorali continuamente in discussione, continuamente in evoluzione. Poi, la "minaccia" permanente che il governo cadrà domani, al massimo fra qualche settimana. Lanciata, senza soluzione di continuità, dal capo dell'opposizione ma anche, di volta in volta, dai leader della maggioranza. Difficile non provare sconcerto e senso di precarietà quando idee, valori, norme, istituzioni - i riferimenti della vita pubblica e dell'identità personale - appaiono tanto incerti e confusi.
Così, le stesse fondamenta del sistema rivelano qualche scricchiolio un po' sinistro. Il consenso nei confronti della "democrazia" rimane alto. Espresso dal 68% dei cittadini. Ma è in calo sensibile, rispetto agli ultimi anni. La democrazia: per una larga maggioranza di italiani, è ancora "il migliore dei mondi possibili". Ma quasi una persona su tre la pensa diversamente. Una "larga minoranza" che cresce ulteriormente nella popolazione giovanile, fino a raggiungere il 40% fra i giovanissimi (meno di vent'anni). I quali appaiono, peraltro, i più coinvolti nella partecipazione politica. Disponibili, soprattutto, a percorrere le vie della protesta. Anche sfidando (32%) le leggi vigenti.
E qui, in fondo, sta il significato dell'antipolitica che ha caratterizzato il 2007. La cui figura-simbolo, Beppe Grillo, a dispetto degli anatemi giunti da ogni parte, riscuote grandi consensi. Trasversali. L'antipolitica: più che "rifiuto", evoca "domanda" di politica. Nostalgia del futuro.
IL PUBBLICO E IL PRIVATO
[di Natascia Porcellato]

Una fiducia verso le istituzioni che si fa sempre più circoscritta e una soddisfazione per i servizi che si contrae. Questi sono i tratti generali che emergono in modo forte e delineano un quadro in cui lo Stato e il Pubblico sembrano essere percepiti dai cittadini come sempre più lontani, senza essere sostituiti da altri riferimenti, come l'Impresa e il Privato.
La (s)fiducia nelle istituzioni. La graduatoria delle istituzioni vede le Forze dell'Ordine al primo posto (73%), seguite dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (56%) e dalla Chiesa (54%). Chiudono la classifica le Banche (20%), il Parlamento (15%) e i Partiti (8%). Il vento dell'antipolitica che è soffiato recentemente sembra aver avuto i suoi effetti, spingendo sempre più in fondo Parlamento e Partiti. Ma può aver anche contribuito a prosciugare la riserva di fiducia di cui godevano le altre istituzioni: possiamo infatti osservare come i trend siano in generale negativi. Gli scarti più rilevanti rispetto al 2006 riguardano il Parlamento e la Chiesa (rispettivamente -9 e -5 punti percentuali). Guardando al 2002, sono la Scuola (-7), le Banche (-8), lo Stato (-9), la Magistratura (-10) e l'Ue (-12) a mostrare oggi le difficoltà maggiori. Infine, il Presidente della Repubblica: il passaggio da Ciampi a Napolitano ha segnato una notevole riduzione della fiducia verso questa figura. Confermando quanto già rilevato nel IX Rapporto, osserviamo come sia l'elettorato di centrosinistra a veicolare maggiormente la fiducia verso il Presidente. Complici la sua storia politica passata e un'elezione avvenuta senza i voti del centrodestra, Napolitano non è ancora riuscito a conquistare gli elettori della CdL. Oltre al Presidente della Repubblica, gli elettori di centrosinistra dichiarano di apprezzare maggiormente le istituzioni pubbliche in generale (Magistratura, Stato, Parlamento). Gli elettori della CdL, invece, esprimono un gradimento maggiore per Banche, Associazioni degli Imprenditori e Chiesa.
La valutazione dei servizi: il pubblico non soddisfa, il privato non conquista. La contrazione della soddisfazione che i cittadini esprimono nei confronti dei servizi - pubblici, ma anche privati - è netta. Rispetto al 2002, il calo più evidente riguarda il settore dei trasporti: le ferrovie contano oggi sul gradimento di un cittadino su cinque (-12 punti percentuali), mentre i trasporti soddisfano un cittadino su tre (-8). Rimane contenuta la quota di rispondenti che vorrebbe incrementare la presenza del privato nella sanità e nella scuola (rispettivamente 22 e 19%), anche se l'indice di orientamento verso il privato - risalito ai livelli di cinque anni fa - mostra una rinnovata domanda in questo senso. La richiesta di contrazione del pubblico nei servizi ha una connotazione politica chiara: viene soprattutto dagli elettori del centrodestra.
DEMOCRAZIA E PARTITI
[di Fabio Bordignon]

Regge ancora, nel nostro Paese, l'affermazione di Winston Churchill, secondo cui la democrazia è la peggiore forma di governo, ad esclusione di tutte le altre. Ne è convinta la grande maggioranza degli italiani, che per il 68% riafferma la propria preferenza democratica. Ma la democrazia, in Italia, deve oggi fronteggiare molteplici sfide. Il clima antipolitico che grava sulla penisola ha rafforzato la spinta verso regimi "alternativi" e, in particolare, chiama sul banco degli imputati il sistema dei partiti. È possibile immaginare, dunque, un futuro "senza democrazia", oppure una democrazia "senza partiti"?
Il 15% dei cittadini ritiene che, in alcune circostanze, un regime autoritario possa essere preferibile alla democrazia; per un altro 17% autoritario o democratico "non fa differenza". Pur rimanendo minoritaria, la componente sociale che manifesta disaffezione democratica è cresciuta, negli ultimi anni: il suo perimetro racchiude quasi un terzo della popolazione, e si allarga ulteriormente, fino a sfiorare il 40%, nelle fasce giovanili. Ancora più allarmante, tuttavia, è la crisi di consenso che coinvolge alcuni attori cardine del sistema. La politica, i partiti: sfiduciati, contestati, le stesse parole generano ripulsa nell'opinione pubblica. Senza distinzione: del resto, per due terzi degli italiani le linee di demarcazione tra le forze politiche appaiono sempre più sottili, "tutti sembrano dire più o meno le stesse cose" (66%). L'effervescenza anti-politica (e anti-partitica) si spinge fino a prefigurare un effettivo superamento dei partiti: secondo il 44% a contare, oggi, è soprattutto il leader; mentre il 39% è convinto che la democrazia possa funzionare anche in loro assenza. Queste percentuali, peraltro, crescono sensibilmente tra i più giovani.
Ma, se la "democrazia dei partiti" è da tempo superata, la sua evoluzione non ha prodotto, ancora, dei soggetti che ne assorbano le funzioni. La stessa democrazia non sembra in grado di reggersi senza partiti: la maggioranza degli italiani condivide questa opinione (52%). Agli occhi dei cittadini, allora, appare più realistico riformarli: promuovendo gli aspetti innovativi, nella loro organizzazione, ma anche un ritorno al passato. Riscoprendo, ad esempio, il ruolo degli iscritti: solo un terzo degli intervistati crede che un partito possa esistere senza militanti, basandosi esclusivamente su simpatizzanti ed elettori. E si conferma forte, soprattutto presso l'elettorato di centro-sinistra, la domanda di forze politiche aperte verso la base: pronte a raccoglierne le preferenze nella individuazione delle strategie e nella selezione della classe dirigente. Il 60%, in particolare, ritiene che il leader debba essere individuato attraverso consultazioni aperte a chiunque desideri prendervi parte.
DESTRA E SINISTRA
[di Luigi Ceccarini]

Gli italiani mostrano un atteggiamento scettico nei confronti delle novità che stanno investendo il sistema partitico: nel centrosinistra la nascita del Partito Democratico, nel centrodestra il partito del Popolo della Libertà. Infatti, metà degli elettori pensa che con il Pd (50%) oppure con il nuovo partito di Berlusconi (52%) non cambierà nulla nel sistema politico. Ciò riflette sicuramente un sentimento di confusione e di delusione rispetto alla politica, e questi due partiti vengono accomunati in una valutazione disillusa. Dai dati emerge che il Pd è giudicato con maggiore favore dai cittadini: il 37% lo vede positivamente, contro il 23% della recente iniziativa di Berlusconi. Questo riflette il fatto che da un lato il Pd, dopo un lungo percorso, è nato. Mentre quello di Berlusconi è ancora una proposta, un progetto che peraltro ha suscitato vivaci polemiche all'interno del centrodestra. Va poi aggiunto che le categorie sinistra e destra solo per la metà dei cittadini (48%) appaiono riferimenti utili a capire la politica. I restanti, in larga misura, ritengono questa distinzione ormai superata: la pensa così il 39% degli italiani. Questa divisone politica sembra avere minore significato fra le giovani generazioni, quelle nate tra il 1983 e il 1992 (18-24 anni), a cavallo del crollo del muro di Berlino. Oltre la metà di loro (52%) ritiene queste categorie superate, rispetto al 30% di quanti hanno più di 54 anni. Cioè di coloro che erano giovani nel '68 o nel periodo del dopoguerra. Così i significati che polarizzano il sentimento degli elettori diventano altri. Le reazioni positive sono suscitate anzitutto da parole come "ordine", che trova il favore dell'83% degli intervistati, poi Chiesa cattolica (76%), imprenditori (69%), Beppe Grillo (57%), sindacato (53%). I sentimenti negativi sono prerogativa di "parole" come politica (64%) o Euro (62%). E, tra i leader, Prodi (62%) e Berlusconi (52%). In una fase di forte personalizzazione della politica la figura di Berlusconi, come in passato, resta quella che divide di più gli elettorati. Ma anche Prodi, Veltroni e Fini sanno stimolare sentimenti contrapposti. L'Euro, lo stato, il sindacato, i partiti, la politica: sono riferimenti che piacciono di più agli elettori del centrosinistra. Chiesa e imprenditori stimolano reazioni più positive tra quelli di centrodestra. L'idea di ordine, invece, si configura come un riferimento bipartisan. Riflette il problema diffuso della in-sicurezza. Poi c'è Beppe Grillo, che piace un po' a tutti gli elettori; a destra come a sinistra, senza grandi distinzioni, a differenza dell'atteggiamento tenuto dai leader politici su questo fenomeno. Grillo e la sua iniziativa suscitano simpatia anzitutto fra i cittadini al di sotto dei quarant'anni, e in particolare fra i più giovani.
PARTECIPAZIONE E SENSO CIVICO
[di Fabio Bordignon]

Meno propensi, rispetto al passato, a farsi coinvolgere in attività collettive, a perseguire il bene comune; più attenti a curare l'interesse personale e privato, anche attraverso scorciatoie esterne alla legalità. L'annus horribilis nel rapporto fra i cittadini e lo Stato lascia delle tracce, evidenti, anche sotto il profilo delle virtù civiche degli italiani.
La partecipazione politica e sociale. Il 2007 è stato caratterizzato da imponenti fenomeni partecipativi, accompagnati da grande visibilità mediatica: dalle primarie del Pd alle manifestazioni del centro-destra contro il governo; dal family-day al V-day. Ciò nondimeno, il «volume» complessivo della partecipazione politica sembra essersi ridotto, nel corso degli ultimi dodici mesi. Forse perché queste iniziative hanno mobilitato persone già attive in precedenza, o comunque ne hanno attratte meno di quante, nel frattempo, il montare dell'antipolitica allontanava dai circuiti della partecipazione. Forse perché, ormai, una componente di attivisti respinge, del tutto, l'etichetta di "politico". Tutti gli indicatori del rapporto fanno segnare una contrazione: manifestazioni politiche e di partito (dal 15 al 13%), attività di protesta (dal 13 all’11%), iniziative legate a problemi della città. Ma il disimpegno si estende anche alla partecipazione di carattere sociale: si abbassa sia il coinvolgimento in attività di volontariato, sia in associazioni culturali, sportive, ricreative (41%). Rimane consistente, però, la partecipazione dei giovani, protagonisti soprattutto attraverso le diverse forme di protesta politica, i canali innovativi della e-democracy, il consumo critico.
La tentazione di sfuggire alle regole. Si conferma estesa la componente di italiani che giustifica piccoli e grandi sconfinamenti nel terreno dell'illegalità. Nello specifico, è cresciuta sensibilmente la quota di persone che considera ammissibile l'evasione fiscale (44%). Quasi tre intervistati su dieci, al contempo, assolvono chi paga, oppure lavora, «in nero». L'eccezione alle regole maggiormente tollerata si registra, come nelle precedenti edizioni del Rapporto, in relazione al tema della salute: il 50% dei cittadini, infatti, considera giusto ricorrere a conoscenze personali al fine di ridurre i tempi d'attesa per una visita medica.
NOTA METODOLOGICA

Il rapporto annuale su Gli Italiani e lo Stato, diretto da Ilvo Diamanti, è giunto alla decima edizione. L'indagine è stata realizzata da Demos & Pi (con la collaborazione del LaPoliS – Laboratorio di Studi Politici e Sociali dell'Università di Urbino), su incarico del Gruppo L'Espresso. Essa è curata da Ilvo Diamanti, Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Natascia Porcellato.
La ricerca si basa su un sondaggio telefonico svolto, nel periodo 26-30 novembre 2007, dalla società Demetra di Venezia. Le interviste sono state condotte con il metodo CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing), con la supervisione di Claudio Zilio. I dati sono stati successivamente trattati e rielaborati in maniera del tutto anonima. Il campione, di 1300 persone, è rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai 15 anni, per genere, età e zona geopolitica.
Il documento completo su www.agcom.it.
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