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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
LA DOTTRINA ZEN DEL COFONDATORE
[La Repubblica, 5 settembre 2010]

C'è attesa per quel che dirà Gianfranco Fini a Mirabello. Oggi, nel discorso di chiusura della festa Tricolore. Un'occasione singolare e significativa. Dove si celebra la tradizione della Destra dissolta nel contenitore politico di Berlusconi. Fini: fondatore e ultimo presidente di An, erede di Almirante. Il cofondatore del PdL. E oggi Grande Antagonista. Il Nemico di Silvio Berlusconi, che non sopporta l'opposizione, le contestazioni, le correnti.

All'interno del «suo» partito. Berlusconi e i «suoi» - consulenti, discepoli, assistenti - vorrebbero che, infine e finalmente, si esponesse. E divenisse, infine e finalmente, il capo di un nuovo partito. Leader dei futuristi. Oppure si opponesse alle condizioni poste da Berlusconi. I 5 punti. Così potrebbe, infine e finalmente, cacciarlo via. Meglio: Fini si porrebbe automaticamente fuori. Dalla maggioranza. Così il Padrone del Pdl potrebbe elaborare una strategia. Decidere, infine. Se andare a nuove elezione e quando. Come e con chi. Oppure tentare di convincere una parte dei parlamentari di Fli a rientrare a casa. (Lui sa essere generoso con gli amici, come ha rammentato ieri).

Non a caso, Berlusconi - e i suoi giornali - agitano sondaggi che danno Fli, il partito di Fini, intorno al 2%. Cioè: quasi nulla. In realtà, altri sondaggi gli attribuiscono almeno il doppio di quei consensi: tra il 4 e il 5%. Meno di qualche mese fa. Ma non poco, visto che Fini da mesi è «fermo» e il partito è solo un'ipotesi. Una voce. Mentre il Pdl è valutato intorno al 30%, come in luglio (e alle regionali) e la Lega continua a crescere. Al di là del 10-11%. Peraltro, non è possibile fare stime, in assenza di un'offerta politica chiara. Senza sapere cosa farà Gianfranco Fini. Con chi si presenterà il suo ipotetico partito, se davvero nascesse? Da solo contro tutti? Con il NMC (Nuovo Mitico Centro)? Oppure con la SAA-B (Santa Alleanza Anti-Berlusconiana)?

Di certo Fini, personalmente, preferirebbe il Centrodestra. Perché il suo bacino elettorale di provenienza e di vocazione è lì. Lui si considera un neo-gollista, un uomo della Destra democratica e liberale. Presidenzialista e laico. Ma Berlusconi, ovviamente, non lo vorrebbe mai con sé. E lui, Fini, non vorrebbe mai stare con Berlusconi. Troppo profonda l'ostilità personale. Da tempo. Si sa. Fini non ha mai sopportato che Berlusconi lo tenesse, eternamente, in panchina. Insieme a Casini. Ad attendere una successione senza garanzie né scadenze. Tantomeno ha sopportato le interferenze con la sua vita personale. Da parte dei media amici di Berlusconi. Così, le ragioni politiche e quelle private si sono mischiate. D'altronde, questa è una democrazia personale e personalizzata. Dove i fatti privati sono pubblici e viceversa. Non a caso Fini è stato al centro di una campagna, martellante e quotidiana, per gli affari della sua compagna; o meglio: del fratello e della famiglia Tulliani. Almeno 30-40 prime pagine. Piene. Anche se, dopo la saga berlusconiana (moglie, affari, amiche, amici, residenze estive e invernali, ragazze, escort e quant'altro), è difficile che qualcosa possa davvero scandalizzare gli italiani.

D'agosto, poi, sotto l'ombrellone. Con le notizie e le foto che rimbalzano tra le riviste di gossip e di infotainment, la stampa d'informazione e Dagospia. Diventa quasi un tormentone estivo, a uso di un popolo mitridatizzato. Per questo, oggi c'è attesa. Che Fini parli, dica, decida. Faccia lui. Qualcosa di chiaro. Uno strappo o un segno di buona volontà. Dichiarandosi indisponibile o leale verso il programma dettato da Berlusconi. Tuttavia, è altamente improbabile - diciamo pure: impossibile - che Fini faccia qualcosa di tutto ciò. Liberando Berlusconi dall'incertezza che lo logora. Infine e finalmente. Molto più facile che decida, come fin qui, di stare fermo. In tutti i sensi. Fermo: nel suo ruolo istituzionale. Disponibile a sostenere il programma, ma non contro la Costituzione, non contro la legalità. Disponibile a restare non solo nella maggioranza, ma perfino nel PdL, da cui non se n'è mai andato. Ma fermo. Sui principi e sulle regole.

Più reticente sui contenuti - che lo potrebbero «schierare» in modo deciso. Fermo. Senza reagire, più di tanto, neppure agli attacchi personali e agli scandali cresciuti intorno a lui. D'altronde, la fiducia personale nei suoi confronti è calata, ma resta ancora elevata. Certo, è cresciuta al centro e a sinistra, ma, a destra, Fini continua a godere di un buon livello di simpatie. Non fosse altro che per nostalgia. Per cui è guardato - con attenzione ma anche timore - da Casini, Rutelli, perfino da Bersani. E, nel centrodestra, da Bossi e dai leader leghisti. I quali, dopo tanti attacchi, nelle ultime settimane, hanno iniziato a manifestare stima nei suoi confronti. Bossi, in persona, si è proposto di ricucire i rapporti con Berlusconi. E, nei giorni scorsi, ha garantito per lui: Fini non farà strappi. Una svolta che non deve sorprendere.

Fini e i finiani - finché restano nella maggioranza - indeboliscono il Pdl e Berlusconi 2 volte. Perché gli levano parlamentari e voti. Perché lo rendono più vulnerabile nel Sud. Bossi e la Lega, peraltro, non possono accettare che Berlusconi dialoghi con l'UdC. Che ridurrebbe la forza contrattuale della Lega nella coalizione. Tanto più che il bacino elettorale dell'UdC, nel Nord, è coerente (ex DC) e dunque concorrente con quello della Lega. Per questo, oggi, l'unico ad agitarsi, nervosamente, è proprio Berlusconi. In bilico. Non può decidere. Qualsiasi scelta rischia di danneggiarlo. E non vuole essere lui a dare alibi agli altri. Ad aprire la crisi. A cacciare Fini. Magari per ragioni di «conflitto di interessi». Per questo a Fini conviene muoversi (e muovere) molto. Ma rimanendo Fermo. Secondo i principi della dottrina Zen.
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