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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
CALA LA FIDUCIA NEL GOVERNO, FDI AI MINIMI, FI INSIDIA LA LEGA, PD IN RISALITA AI DANNI DEI 5S
[La Repubblica, 20 aprile 2024]

Le elezioni europee sono vicine. Ormai, mancano meno di due mesi e il dibattito politico è acceso. Tuttavia, il quadro degli orientamenti di voto si conferma stabile. Come si osserva da circa un anno, nei sondaggi di Demos. Il più recente, condotto nei giorni scorsi, conferma il calo dei Fratelli d'Italia (FdI) di Giorgia Meloni, che si fermano al 28% e toccano il livello più basso da febbraio 2023. Quando avevano superato il 30%.

Un indice che riflette il grado di fiducia nel governo, che, come negli ultimi mesi, si conferma al 44%. Il più basso dai tempi del primo governo guidato da Giuseppe Conte, nel febbraio 2020. Tuttavia, la maggioranza dei cittadini (intervistati da Demos) prevede che il governo durerà a lungo. Fino al termine della legislatura. Dunque, nel 2027.

Dietro ai FdI le stime di voto degli altri partiti si confermano stabili. Con variazioni limitate. Il Pd cresce di oltre mezzo punto e sale al 20,2%. Mentre il M5s cala nella stessa misura, al 16,4%. La Lega risale di poco. All'8,5%. Come Forza Italia, che, insieme a Noi Moderati, arriva all'8%. Gli altri partiti si collocano in prossimità della soglia del 4%, necessaria per accedere al Parlamento Europeo. Una prospettiva che induce Italia Viva e +Europa ad allearsi, "formando una nuova formazione". Stati Uniti d'Europa. La forza (peraltro limitata) dei FdI, quindi, riflette la frammentazione del sistema partitico. Ma, soprattutto, dell'opposizione. Al tempo stesso, spiega la previsione di lunga vita attribuita a questo governo.
L'indice di gradimento dei leader riproduce, in larga misura, il consenso verso i partiti. A conferma del fatto che i partiti sono, ormai, "personalizzati" e, dunque, riassunti dalla figura del leader. Rispetto alle "misure" emerse nel precedente sondaggio, svolto in febbraio, però, si osservano alcune variazioni, interessanti. Davanti a tutti, infatti, è ancoraGiorgia Meloni, che attrae la fiducia del 44% dei cittadini.

Ma, a breve distanza, insegue Antonio Tajani, il successore di Silvio Berlusconi, che sale di 5 punti, al 42%. E supera Emma Bonino. Mentre Giuseppe Conte "cade" (letteralmente) al 34%. Penalizzato, in larga misura, dalle tensioni e i ripensamenti sul "campo largo". Rimasto, ormai, "un'immagine immaginaria". Mentre è reale il "campo stretto" intorno a Conte.

La popolarità degli altri leader cambia poco. Elly Schlein si conferma di poco sopra al 30%. Matteo Salvini si conferma al 27%. Carlo Calenda al 25%. Più indietro, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, poco sopra al 20%. In fondo, rimane Matteo Renzi, sceso al 19%.

I partiti, riassunti dalla figura del leader, tendono, quindi, a divenire "soggetti virtuali". Perché oltre il leader è difficile intravedere altro. Si tratta, ormai, di "leader senza partiti". È una questione che risulta più evidente e critica di fronte alle prossime elezioni europee. Perché indebolisce l'attenzione e la mobilitazione dei cittadini. E rischia di ridurre ulteriormente la partecipazione elettorale, che, alle precedenti elezioni del 2019, era scivolata poco sotto al 55%. Nel sondaggio di Demos, peraltro, metà dei cittadini intervistati considera l'astensione un (non) voto legittimo. Talora necessario e opportuno. Secondo l'11% «è l'unica scelta possibile, perché votare, ormai, non serve più a nulla».

Tuttavia, l'altra metà (il 50%) dei cittadini ritiene che «votare è un dovere». Un sentimento che cresce con l'età. Si tratta di opinioni interessanti, in quanto le elezioni europee sono, comunque, considerate «meno rilevanti », rispetto alle altre. Anche se in questa occasione si voterà in oltre 3700 comuni, di cui 29 capoluoghi di provincia. Un fattore che contribuirà, sicuramente, a incrementare la partecipazione.
È interessante osservare come, nel sondaggio di Demos, l'atteggiamento verso il "non voto" presso i giovani risulti meno critico.

Solo un terzo di coloro che hanno fra 18 e 29 anni, infatti, ritiene che «l'astensione è sempre negativa». La metà, rispetto agli elettori anziani, che nel campione preso in considerazione hanno più di 65 anni.

Nel complesso, come osserva Roberto Biorcio, la rinuncia a esprimere il proprio voto si è diffusa in parallelo alla crescita della disaffezione verso la classe politica. Verso i politici e i partiti.

In altri termini, il "non voto è un voto". Un modo di denunciare la deriva della politica. E di "votare" per l'anti-politica. Che, ormai, è divenuta il primo "anti-partito" nel nostro Paese.

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