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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
IL CONTAGIO DELLE PAROLE
[La Repubblica, 1 febbraio 2021]

È, ormai, da un anno che abbiamo incontrato il Virus. E oggi è difficile ricordare il "prima" e immaginare il "dopo".
Perché il Covid ha inaugurato e imposto un tempo sospeso. Un tempo senza tempo. Anche per questo è difficile rendersi conto di ciò che è cambiato e sta cambiando intorno a noi. Dentro di noi. Perché non abbiamo riferimenti che ci permettano di valutare quanto è avvenuto.

D'altronde, siamo in piena pandemia. Virale e, per alcuni versi, politica. Così i nostri giorni sono scanditi da cifre che registrano le misure del contagio. I casi vecchi e nuovi. Le vittime e i ricoveri. È chiaro a tutti l'impatto che il contagio ha avuto non solo sulla salute, ma sull'economia e sul lavoro. Sul presente e sul futuro. Sulla scuola, in particolare, perché la scuola è il futuro. Dei nostri figli e della nostra società. Nel frattempo, la pandemia ha trasformato profondamente il modo di "vedere" e "dire" il mondo intorno a noi.

Pensiamo, anzitutto, alla geografia economica e sociale dell'Italia. Fino a ieri, infatti, è stata guardata e studiata in base ad alcune differenze e distinzioni che oggi esistono ancora. Ma hanno cambiato "senso" e "colore", in seguito alla crisi pandemica.

Mi riferisco, anzitutto, alla distanza, in qualche modo, "frattura" fra Nord e Sud. Che, nel dopoguerra, ha segnato la "questione meridionale". Una chiave di lettura utilizzata per spiegare la condizione di "sviluppo dipendente e relativo" del Mezzogiorno rispetto all'intervento pubblico e, soprattutto, dello Stato. Ebbene, oggi quella frattura persiste e, probabilmente, si è approfondita.
Tuttavia, il Virus ne ha modificato profondamente il senso e la "gerarchia". Perché ha colpito anzitutto il Nord. In particolare, il Lombardo-Veneto. Soprattutto, le aree periferiche, a urbanizzazione e industrializzazione diffusa. La "Terza Italia", come l'ha definita il sociologo Arnaldo Bagnasco. Comprende le regioni del Centro-Nord Est, distinte dal Mezzogiorno e dalle aree metropolitane del Nord Ovest.

Queste zone associavano alla dimensione socio-economica anche aspetti specifici sul piano politico. Erano, infatti, caratterizzate dalla presenza dei partiti di massa. In particolare, la Dc e il Pci, che si erano affermati attraverso una rete di associazioni e di organizzazioni sociali. Si era parlato, per questo, di «Grandi partiti e piccole imprese» (la definizione è di Carlo Trigilia). E, al tempo stesso, di Zone "Bianche" (il Nord Est), dove era forte la Dc, e "Rosse", dove prevalevano il Pci e la Sinistra. Nel corso degli anni, queste Italie hanno cambiato colore. Le Zone Bianche sono divenute Verdi e Azzurre, in seguito all'espansione delle Leghe e di Forza Italia. Le Zone Rosse, invece, si sono scolorite, in seguito alla perdita di peso elettorale della Sinistra.

Tuttavia, è evidente come questa Mappa cromatica, oggi, non abbia più la stessa efficacia e lo stesso significato di un anno fa.
Perché le Italie, oggi, sono "disegnate" e "colorate" dalla diffusione del Virus. Le Zone e le Regioni "Rosse" non riflettono più "ragioni politiche", ma "vira li". Costituiscono, infatti, le aree di maggiore diffusione del Covid. Un riferimento obbligato per tracciare la nuova geografia del Paese. Per colorare Regioni e province, stabilire regole di comportamento e di movimento. Non solo fra una regione e l'altra, ma fra i comuni. Così, oggi, le Regioni sono colorate di Rosso, Arancione e Giallo. Ma i colori non rispecchiano più il Voto, semmai il Vuoto o la presenza di relazioni e di servizi sanitari. Oltre al grado di diffusione del Virus.

Infine, ma non per importanza, la pandemia ha cambiato il nostro linguaggio. Ha imposto nuovi termini di tipo sanitario, ma ha modificato, al tempo stesso, parole antiche. Ne ha modificato il senso. Pensiamo, anzitutto, a "Positivo", utilizzato da sempre per evocare una prospettiva utile, gradevole. Ebbene, provate a dire a una persona che incontrate che siete "positivi". Penso che vi guarderebbe male.
E si allontanerebbe in fretta. Ma anche il termine "responsabile" è divenuto di incerta definizione. O meglio: ha accentuato la sua ambivalenza. Perché può sottolineare serietà di comportamento, attenzione alle conseguenze di una scelta. Ma, al tempo stesso, i "responsabili" possono diventare (e significare) "colpevoli". In fondo, "ir-responsabili".

Insomma, il Covid ci ha cambiati profondamente. In un anno il nostro Paese ha modificato colori e geografia. Accentuato le distanze e i confini. Noi stessi oggi siamo più soli. Ci parliamo e ci vediamo online più che di persona. Così, abbiamo trasformato il nostro sguardo sul mondo. Il nostro modo di comunicare, capire, "significare".

Penso a Jovanotti, quando canta: "Io penso positivo... perché son vivo finché son vivo".
Temo che questi versi, peraltro suggestivi, oggi potrebbero assumere un senso molto diverso, rispetto alle intenzioni originarie dell'autore e interprete. Perché è iniziata una "nuova era".

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