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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
MAFIA E MALGOVERNO DIETRO LA CRISI DI ROMA. E IL CLAN ALEMANNO HA PIU' COLPE DI MARINO
[La Repubblica, 18 ottobre 2015]

Le dimissioni di Ignazio Marino non riguardano solo Roma. Ovviamente. Ma tutta l'Italia. Perché Roma è la capitale. Dove risiedono il governo e le istituzioni centrali dello Stato. Gli organismi dirigenti della politica e dell'economia. Roma, per questo, è anche un simbolo. Un riferimento usato in senso, talora, polemico, da molti italiani. Soprattutto, ma non solo, del Nord. Dove, negli anni Novanta, si è imposta la cosiddetta " questione" settentrionale, per dare voce e potere ai nuovi attori e ai nuovi luoghi dello sviluppo. Al " capitalismo dei beni immateriali" (per citare Arnaldo Bagnasco: finanza, comunicazione, servizi ) cresciuti intorno a Milano. Al " micro-capitalismo della piccola impresa", che, in quegli anni, si era diffuso nel Nordest e nella provincia lombarda. Berlusconi e la Lega ne sono stati, allora, il " megafono" (come direbbe, oggi, Beppe Grillo). Allora, nel Nord, Roma echeggiava spesso, negli slogan e nei discorsi polemici. Rifletteva la frattura che opponeva i nuovi Nord e i nuovi capitalismi alla capitale storica dell'Italia. Roma. Alleata del " vecchio Nord", polarizzato intorno a Torino. Capitale della grande industria (protetta). Roma, al tempo stesso: complice dell'economia assistita del Mezzogiorno. Roma: il " centro" dei partiti e dei poteri nazionali a cui si opponeva la Lega. Quando i suoi militanti - e sostenitori - gridavano (e scrivevano sui muri e sui cavalcavia delle autostrade): " Roma ladrona, la Lega non perdona!", il successo politico di Berlusconi e della Lega si era, per questo, accompagnato all'affermarsi di due capitali alternative. La metropoli diffusa del Nordest. Insieme a Milano. Non per caso, nei primi anni Novanta (quando i talk politici facevano grandi ascolti), la trasmissione tv di tendenza, condotta da Gad Lerner, era " Milano, Italia".

Roma, però, ha dimostrato grande capacità di resistenza. Adattamento. E di mimetismo. È cambiata ma, soprattutto, ha cambiato coloro che l'hanno frequentata. Per professione e per missione. Ha cambiato anche coloro che vi si sono insediati con il proposito - esplicito - di cambiarla. Per cambiare lo Stato, cambiandone, anzitutto, il Centro. Basti pensare alla Lega di Bossi, che è divenuta, progressivamente, " romana", fino a riprodurne le cattive abitudini. Mentre la Lega di Salvini, dopo aver vinto ed emarginato la Lega di Bossi, ha accettato il significato stesso di Roma-Capitale. Divenendo " Lega Nazionale".

Per questo, anche per questo, ciò che avviene sulla scena romana è osservato con interesse da chi vive oltre i confini della capitale. Lo conferma il sondaggio condotto, nei giorni scorsi, da Demos per Repubblica, in ambito nazionale. Le polemiche che hanno coinvolto il sindaco Marino, infatti, sono state seguite con - molta o abbastanza - attenzione da poco più della metà degli italiani. Mentre oltre un terzo ha riservato loro uno sguardo più disattento. Ma solo una piccola componente, circa una persona su dieci, dichiara di non essersene interessata per nulla. Insomma, un talk di successo. Seguito, però, come fosse una fiction. Una sorta di " Romanzo criminale". La spiegazione principale della crisi, non per caso, è ricondotta dal 31% degli italiani alla scoperta di Mafia Capitale. All'intreccio tra (mal)affari, malavita e politica, che affonda le radici nel " mondo di mezzo". Una causa importante della crisi, segnalata da un quarto degli italiani (intervistati), è, inoltre, il mal-governo della città. Mentre alle polemiche sollevate dall'uso della carta di credito del Comune, da parte del sindaco, per spese personali, non viene attribuito grande peso. Come, d'altronde, alle tensioni interne al Pd. Minima, infine, l'importanza riconosciuta alle interferenze vaticane. Dietro alla crisi romana dunque, gli italiani vedono soprattutto le influenze incrociate della corruzione - politica e sociale - con la mediocre qualità del governo.

Per questo, non esiste " un solo" responsabile. La crisi di Roma, secondo gli italiani, ha diversi artefici. Tra questi, sicuramente, il sindaco Marino. Il quale, però, non è individuato come il principale " colpevole". All'origine del degrado, invece, quasi due italiani su tre vedono, anzitutto, l'amministrazione di centro-destra che ha governato Roma nel passato recente. Mentre le colpe del sindaco Marino e quelle del Pd, secondo gli italiani, pesano in egual misura, (57%). Molto di più rispetto al premier - e segretario nazionale del Pd - Matteo Renzi. Che, non per caso, nel commento ai dati dell'Atlante Politico pubblicato ieri, ho definito " Presidente senza partito". Visto che il suo consenso personale non si trasmette automaticamente al Pd. Sul quale, semmai, si scarica il risentimento sociale.

Infine, una componente più limitata, ma significativa, punta il dito sui cittadini romani. A conferma dell'immagine confusa prodotta dalla crisi di Roma. Dove il mal-affare si intreccia con gli affari. La corruzione politica sconfina nell'incapacità politica - e di governo - locale. E la società civile coabita, talora, con quella in-civile.

È, tuttavia, interessante notare come un'ampia maggioranza degli italiani (il 62%, che sale al 71% fra gli elettori del PD) continui a considerare le " primarie" il metodo migliore per scegliere il candidato. Segno che, al di là delle riserve e delle critiche (anche giustificate) emerse al proposito in molti ambienti politici - e non -, questa pratica, fra i cittadini, riscuote ancora larghi consensi. Tanto più a centrosinistra. Dove la domanda di partecipazione è particolarmente intensa e diffusa.

Nell'insieme, il sondaggio conferma come Roma, anche in fasi critiche come questa, non sia percepita, dagli italiani, come un luogo distante e distinto dal contesto nazionale. Al contrario. È vista come lo specchio delle deviazioni che coinvolgono il Paese. A ogni latitudine. A Nordest come a Nordovest. E - proprio in questi giorni - a Milano. Ma è, al tempo stesso, teatro della " Grande bellezza", narrata da Paolo Sorrentino. Centro
di contrasti. E di paradossi estremi.

Per questo è guardata con attenzione e con interesse da tutti gli italiani. Nonostante le ironie e le invettive, è " Roma, Italia". O meglio: " Roma, Italie". Perché, in fondo, siamo tutti un po' romani.

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