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Coordinate e geografia del voto politico e amministrativo 2008, attraverso le analisi post-elettorali condotte da Demos & Pi.
NUMERI E COORDINATE DEL VOTO 2008
[di Fabio Bordignon]

Semplificazione, concentrazione, riequilibrio: sono queste le tre "parole chiave" attraverso cui possiamo rileggere il risultato delle elezioni politiche 2008. In realtà, al di là delle indubbie trasformazioni che hanno segnato il voto politico del 13-14 aprile, l'analisi del voto mette in luce notevoli elementi di continuità rispetto al passato, che diventano evidenti nel momento in cui i risultati vengono disaggregati dal punto di vista geografico, prendendone in esame la distribuzione territoriale.
Il processo di semplificazione ha riguardato l'intero quadro politico ed è stato trainato, innanzitutto, dalle strategie (speculari) adottate dai due principali leader, Veltroni e Berlusconi. La scelta - seppur con diversi tempi e diverse modalità - di dare vita a due nuovi soggetti politici (Pd e PdL), e di "rompere" con una parte dei vecchi alleati, ha messo in atto un meccanismo di profonda trasformazione del quadro politico. L'elettorato sembra avere, in larga misura, fatta propria la logica del "voto utile", secondo un processo di concentrazione delle preferenze sui due principali candidati e sui partiti che li sostenevano, determinando un riassorbimento dell'area "terzista".
Le forze riunitesi sotto il nuovo simbolo della Sinistra Arcobaleno, in particolare, hanno subito una secca sconfitta, che si è tradotta nell'esclusione da entrambi i rami del Parlamento: quasi 2 milioni e 800mila voti in meno, alla Camera, rispetto a quanto raccolto, alle precedenti consultazioni, dai "soci fondatori"; oltre sette punti percentuali in meno. Maggiore "tenuta" ha mostrato invece l'Unione di Centro, scesa di circa un punto rispetto al 2006, per fermarsi al 5.6%.
Il voto sembrerebbe dunque essersi "spostato" in direzione delle due maggiori coalizioni: le forze coalizzatesi attorno alla candidatura di Berlusconi hanno raccolto quasi un milione di voti in più rispetto alle precedenti elezioni; Pd e Italia dei Valori hanno fatto segnare, congiuntamente, un incremento di circa 800mila voti. In realtà, il risultato dei singoli partiti, all'interno dei due cartelli elettorali, nasconde un quadro più articolato, che aiuta a precisare il significato dell'esito elettorale.
Il Partito Democratico ha raccolto il 33.2%: si tratta di circa due punti in più rispetto a quanto ottenuto dalla lista Uniti nell'Ulivo alle Politiche 2006; tuttavia, se consideriamo il possibile contributo dei radicali e della lista consumatori (entrambe confluite nel Pd), la stima dell'incremento risulta inferiore al mezzo punto percentuale. In modo analogo, il PdL ha conseguito, con il 37.2%, un risultato superiore a quello ottenuto, in precedenza, da Forza Italia e An. Il guadagno complessivo, ciò nondimeno, è di 1.3 punti, e il saldo diventa addirittura negativo se inseriamo nel computo il possibile contributo degli altri soggetti coinvolti nella nuova formazione di centro-destra (-0.6).
Il processo di concentrazione, di conseguenza, sembra essere stato veicolato, in particolar modo, dal risultato dei due partner minori della coalizione, che sono stati invece protagonisti di una notevole crescita. Il vento di insoddisfazione che, in questi anni, ha attraversato l'Italia, ha determinato un allargamento delle "ali antipolitiche" all'interno dei due schieramenti, producendo, nella loro composizione, un sostanziale riequilibrio dei rapporti di forza. La crescita della coalizione veltroniana, di conseguenza, sembra trainata quasi interamente dall'avanzamento della lista Di Pietro, che estende i propri consensi di oltre due punti. Ancor più dirompente è risultata, sull'altro fronte, la progressione della Lega Nord, che ha raddoppiato le proprie preferenze, conseguendo l'8.3% su scala nazionale.
Fino a che punto, i cambiamenti appena illustrati hanno ridefinito la geografia dell'Italia politica? Andando a studiare la distribuzione territoriale del voto, in realtà, tende a riemergere una configurazione che propone profondi elementi di continuità rispetto al passato (vicino, ma anche lontano). Partiamo, in questa sezione, da alcune mappe relative al quadro generale suggerito dall'esito del voto e, in particolare, al rapporto tra le coalizioni e i partiti. Gli altri due capitoli di questa sezione analizzeranno le due aree di centro-destra e di centro-sinistra, nelle loro diverse configurazioni, oltre a prendere in esame, distintamente, la performance delle singole formazioni che hanno partecipato alle consultazioni politiche 2008, mettendole in relazione con i loro "antenati" politici.
La partecipazione elettorale. I timori circa un possibile flessione dell'affluenza alle urne sono stati in larga misura fugati dall'effettiva partecipazione al voto, che ha coinvolto l'80.5% dell'elettorato. L'astensione ha conosciuto un incremento, di fatto, contenuto, rispetto al 2006: di poco superiore ai tre punti percentuali. Dal punto di vista geografico, la partecipazione mette in luce una distribuzione in larga misura coerente con il passato, mostrando una intensità più elevata soprattutto nelle regioni del Centro e del Nord Italia. Le punte più elevate sono state osservate in provincia di Brescia (87.6), Bergamo (87.4), Modena (86.9) e Bologna (86.9); quelle più basse a Crotone (64.9), Reggio Calabria (68.7), Cosenza (70.4) e Carbonia (70.4). Le flessioni più consistenti, allo stesso tempo, hanno riguardato proprio alcune aree del Mezzogiorno, in particolare la Sardegna, la Basilicata a la Calabria. Ma riduzioni significative hanno investito anche alcune province del Nord, in particolare della Liguria.
Berlusconi Vs Veltroni. Il successo della coalizione di centro-destra è ben fotografato dalla mappa che mostra l'equilibrio fra le due coalizioni nelle province. Se coloriamo le unità territoriali in base al saldo fra i partiti che sostenevano i due principali candidati, l'Italia tende, infatti, a tingersi di azzurro. Berlusconi prevale in ben 70 delle 108 province, cedendo le rimanenti 38 a Veltroni. Un risultato che diventa ancora più evidente se consideriamo anche l'entità dello scarto: in ben 51 casi, infatti, l'alleanza PdL-Lega-Mpa ha conquistato una maggioranza che supera i 10 punti percentuali. Si tratta di province il cui posizionamento, nella mappa dello stivale, tende a sommare le zone di radicamento di Forza Italia e della Lega. Il Nord, di fatto, si propone come un'unica "macchia" azzurra, con poche eccezioni rappresentate dalle province di Torino e Gorizia, cui si aggiungono le aree della Liguria orientale. Ma il centro-destra conquista anche buona parte delle province nel Sud e delle Isole, seguendo, in questo caso, l'ormai tradizionale geografia del voto azzurro. I risultati migliori, infatti, si registrano nell'area tirrenica compresa fra il basso Lazio e la Campania, in Sicilia e in alcune zone della Sardegna e della Puglia. Il massimo scarto in favore di Berlusconi si osserva a Catania (+41 punti percentuali), seguita da Sondrio (+39) e da Como (+35).
Le zone di forza del centro-sinistra, per converso, vanno ricercate nelle tradizionali roccaforti del Pci, prima, e del Pds/Ds, poi. La coalizione guidata dall'ex-sindaco di Roma supera gli avversari di oltre dieci punti in 15 province: addensate nella cosiddetta "zona rossa", con l'unica eccezione di Nuoro. La distanza massima, in favore del centrosinistra, riguarda le province di Firenze (+28), Siena (+28) e Livorno (+26). Le rimanenti aree in cui prevale Veltroni, ma con un margine più ridotto, tendono perlopiù a delimitare i confini di queste aree di radicamento, oppure ad individuare altre "isole" di tradizionale solidità del centrosinistra (o delle singole anime che lo compongono): si tratta, in particolare, e della la Basilicata, oppure dell'area molisana, trainata dal voto per Antonio Di Pietro.
Il primo partito. Ulteriori conferme, rispetto alla geografia disegnata dalla precedente cartina, vengono suggerite anche dalla mappa del primo partito nelle 108 province. Il Pd prevale, complessivamente, in circa un terzo del totale, perlopiù addensato nelle regioni dell'Italia centrale: tra Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche. Nel Mezzogiorno, il Partito Democratico riesce a conquistare la prima piazza solamente nelle province di Cosenza e Crotone, oltre che in tre realtà sarde (Nuoro, Medio Campidano e Ogliastra). Nel Nord, il Pd si afferma in diverse realtà tradizionalmente più competitive: Torino, Genova e La Spezia, a Nord Ovest; ma anche a Mantova e in diverse province del Nord Est (Trento, Rovigo, Venezia, Gorizia). Al PdL, oggi primo partito su scala nazionale, vanno ben 67 province. Il partito di Berlusconi e Fini mostra un sostanziale predominio in tutto il Mezzogiorno e in buona parte del Nord, dove, in alcune aree, soffre la "concorrenza interna" della Lega. Il partito di Bossi, infatti, si afferma come prima forza in ben sei province: Belluno, Treviso, Vicenza, Verona, Sondrio e Bergamo.
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