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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
DISEGUAGLIANZE E MERITO GLI ITALIANI LI VIVONO COSì
[La Repubblica, 13 maggio 2022]

La "disuguaglianza" è un problema di lunga durata. Su base globale. E nazionale. I dati di Eurostat, che risalgono al 2018, mostrano, infatti, come l'Italia sia il secondo Paese, per grado di disuguaglianza, in Europa Occidentale, dopo la Spagna. Un'indicazione confermata dall'indice di Gini, costruito e utilizzato per misurare la distribuzione della ricchezza su base sociale e territoriale. La pandemia ha accentuato queste divisioni. Anche nel nostro Paese, dove il Mezzogiorno, come in passato, risulta più colpito rispetto alle altre aree. Nonostante le misure straordinarie, negli ultimi anni segnati dal Covid, abbiano contribuito a ridurre gli indici di povertà, nelle zone più vulnerabili. Tuttavia, alla fine del 2020, secondo l'Oxfam (l'Organizzazione impegnata nella sfida alle povertà), il 5% degli italiani (i "ricchi") deteneva una ricchezza maggiore rispetto all'80% (più povero). A livello individuale, inoltre, i "nuovi poveri" sono cresciuti di oltre 1 milione (per un totale di 5,6 milioni).

Si tratta di un quadro definito, anche nella percezione dei cittadini. Infatti, nel sondaggio dell'Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, condotto nel 2020 da Demos per la Fondazione Unipolis, i problemi economici venivano indicati come l'emergenza prioritaria dal 40% degli italiani (intervistati). Il dato più elevato, rispetto ai 6 Paesi europei analizzati. Un dato superiore rispetto alla stessa "paura del Covid". Che, negli anni successivi, si è ridimensionata, insieme alla diffusione del virus, che, tuttavia, permane ancora. Soprattutto fra i più giovani, ormai coinvolti nel contagio più delle altre generazioni. D'altronde, sono una generazione in declino demografico, come la popolazione. Infatti, l'Istat sottolinea, da tempo, come l'Italia non sia "un Paese per giovani". Tanto meno, "di" giovani. L'età media, nel 2022, ha superato i 46 anni. Gli ultra 65enni, in crescita, hanno raggiunto il 24%. E non c'è motivo per credere che la tendenza cambi di segno, nel "futuro prossimo".

Il numero di figli per donna, infatti, è sceso a 1,2. Quasi metà rispetto alla misura necessaria a mantenere l'equilibrio demografico. Anche le donne "immigrate", che risiedono in Italia, si sono adeguate e, in media, hanno meno di due figli. Il declino della popolazione è conseguente. Tanto più che le migrazioni non avvengono più solo "verso l'Italia". Muovono anche in direzione inversa. I due terzi dei cittadini (indagine Demos) ritengono che "nel prossimo futuro i giovani avranno una posizione sociale peggiore rispetto a quella dei genitori". Così, non sorprende che circa 350 mila giovani siano "emigrati all'estero", negli ultimi 10 anni. Si tratta, soprattutto, di laureati e soggetti "qualificati". Partono per migliorare la loro preparazione e acquisire nuovi titoli. E, spesso, non rientrano. Perché in Italia non trovano spazi adeguati, nonostante i piani della UE e del governo italiano evochino esplicitamente la Next Generation. Che, rammenta, piuttosto, una "lost generation", per citare una recente definizione proposta da Mario Draghi.

Così gli italiani invecchiano (sempre più). E diventano (sempre più) in-felici e scontenti, visto cheè difficile essere ottimisti quando si invecchia. Mentre il futuro scivola dietro alle nostre spalle.

Anche per questa ragione si delinea un Paese "prigioniero del presente". Perché se i giovani sono il futuro, il futuro appare sempre più breve. E in fuga verso altrove.
Un problema analogo e, forse, più grave, riguarda le donne. Anche se non vanno via dall'Italia così tanto come gli uomini, tuttavia, restano "svantaggiate", rispetto a loro, sul piano delle prospettive di lavoro. Condizionate dal loro ruolo nella società. Visto che sono il "riferimento della famiglia". E ciò costituisce un vincolo, che le costringe a casa. Senza possibilità diallontanarsi troppo. Quindi, senza possibilità di trovare occupazione con le stesse opportunità degli uomini.

Anche in questo caso le statistiche sono eloquenti, come ha rammentato, in numerose occasioni, Linda Laura Sabbadini, "direttora" del Dipartimento dell'Istat per l'informazione statistica. In Italia, infatti, "meno della metà delle donne lavora. Penultimi in Europa. Ultimi per il tasso di occupazione delle donne. Dieci punti in meno di donne laureate tra 25 e 34 anni rispetto alle europee. Un Paese che non ha mai avuto un Presidente del Consiglio o della Repubblica "donna". Solo 11 Presidenti diRegione in 51 anni.

Lo stesso "squilibrio" si ripropone nell'università, nella sanità e nei principali settori pubblici. E privati. La pandemia ha, quindi, "indebolito" le figure e i settori "più deboli". Per questo la disuguaglianza, in Italia, è un tema "basilare". In quanto le donne sono la base della nostra società e i giovani del nostro futuro. Un futuro sempre più "breve", per noi, "prigionieridel presente".

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