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Contro l’autonomia sei italiani su dieci e anche al Nord adesso dicono no (25 novembre 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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IL PRESIDENZIALISMO DI ZAIA E BONACCINI [La Repubblica, 18 maggio 2020]
La stagione del virus sta determinando cambiamenti profondi. "Non tutti del tutto visibili". Soprattutto sul piano politico. Dove è in corso (in corsa...) una forte spinta alla personalizzazione. E, di conseguenza, alla presidenzializzazione. Si sta, cioè, delineando una "Repubblica dei Presidenti". Pone di fronte da un lato Giuseppe Conte, presidente del Consiglio e capo del governo, dall'altro i presidenti delle Regioni, ai quali spetta l'attuazione delle regole stabilite dal governo per la Fase 2. Tra questi, due hanno assunto un ruolo significativo. Stefano Bonaccini, presidente della Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni. Luca Zaia, presidente del Veneto, in prima linea nel marcare i confini dell'autonomia regionale. E oggi per riaprire tutte le attività "interne". Le relazioni fra i presidenti coinvolgono tutte le Regioni. D'altronde, circa 6 elettori su 10 (sondaggio Demos, giugno 2019) considerano importante concedere «maggiore autonomia alle Regioni». E l'indice più elevato si osserva in queste due Regioni. Riassunte da Arnaldo Bagnasco, oltre trent'anni fa, con una "de-finizione de-finitiva". La Terza Italia. Il Centro/Nord-Est. Distinto dal Nord-Ovest metropolitano delle grandi imprese. E dal Mezzogiorno, economicamente integrato con lo Stato centrale. Il Veneto e l'Emilia-Romagna, invece, sono caratterizzate da un territorio di imprese e città medio-piccole. Per questo distanti e distinte dallo Stato. Da "Roma capitale". Una storia e una vocazione interpretate, in modo diverso, dagli attuali presidenti Zaia e Bonaccini. Diversi e alternativi. Il primo leghista, l'altro di (centro)sinistra. Tuttavia entrambi operano in regioni dove la politica è radicata nella società e sul territorio. L'Emilia-Romagna, una regione fino a ieri "rossa", dove i partiti di sinistra, per primo il Pci, erano presenti dovunque. Come la Dc, in Veneto, sostenuta nel dopoguerra dal mondo cattolico e dalle organizzazioni di impresa. Fino all'irruzione, negli anni Ottanta, della Liga Veneta. All'origine di tutte le Leghe e della Lega Nord, di Bossi e Maroni. Divenuta, poi, nazional-salviniana. Ebbene entrambi, Bonaccini e Zaia, interpretano questi mondi. In modo diverso, perché diversa è la loro posizione politica. Personale e territoriale. Ma fino a un certo punto. Perché il Veneto è rimasto "legato alla Lega". Ma ha mantenuto la propria identità autonomista, indipendentista.
Rivendicata da Zaia, che la ribadisce segnando, continuamente, i confini veneti. Di fronte a Roma. Ma anche nei confronti del "suo" partito. La Lega di Salvini. Perché Zaia proviene dalla Liga. È un post democristiano. E, come ha detto Massimo Cacciari, intervistato su Repubblica da Concetto Vecchio, «ha un un talento per la mediazione e il compromesso». Oltre alla «capacità di stare al suo posto». Per questo non prende le distanze da Salvini. Semmai, attende che le circostanze lo favoriscano. (Come alcuni, nel centrodestra, auspicano). Intanto si prepara alle prossime elezioni regionali. In autunno. Quando la sua conferma è scontata, visto il gradimento (plebiscitario) di cui dispone in Veneto. Intorno all'80% (sondaggi di Demosperil Gazzettino).
Ma anche la posizione di Bonaccini appare solida. Soprattutto dopo le elezioni regionali dello scorso gennaio, quando ha superato il 50% dei voti validi. Mentre il Pd si è imposto come prima forza politica regionale, avvicinandosi al 35%. Nonostante Salvini si fosse impegnato - ed esposto - in prima persona nella campagna elettorale. Rimediando una sconfitta fin qui ir-rimediata, se non ir-rimediabile. Tuttavia, Bonaccini ha potuto beneficiare di condizioni favorevoli, simili a quelle che in Veneto sostengono la posizione di Zaia. In particolare, l'esperienza della sua amministrazione regionale.
Valutata "positivamente" da oltre due terzi dei cittadini (sondaggio Demos, dicembre 2019). Un orientamento rafforzato dalla convinzione, espressa da oltre il 40% dei cittadini, che l'Emilia-Romagna sia amministrata meglio delle altre regioni. Il Covid non ha cambiato questa situazione. Ha, semmai, rafforzato l'immagine di Zaia, sempre attento a marcare i confini. Sui media, ogni giorno, ad aggiornare i cittadini - del Veneto - sull'andamento della pandemia. Ma anche per confermare la propria posizione di Santo Protettore del Veneto. Non diversamente si comporta Bonaccini, molto presente sul territorio. Dove ha promosso test sierologici a tappeto.
Entrambi i presidenti determinati a favorire la "ripartenza". Delle imprese, del commercio. Ma anche della vita sociale. Per questo Bonaccini e Zaia, per quanto diversi, oggi interpretano insieme a Conte la parte dei protagonisti nella rappresentazione in scena da mesi. "La notte del Covid. Scene di un presidenzialismo im-perfetto".
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