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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
5S, L'ENIGMA DEL NON PARTITO
[La Repubblica, 3 febbraio 2020]

Le elezioni in Emilia-Romagna hanno avuto effetti "nazionali". Come tutte le elezioni, in Italia. Non importa a quale livello: europeo, regionale, comunale. Comunque sia: vengono lette e interpretate sempre su base nazionale. Dagli attori e dagli osservatori politici. Nonostante i cittadini, di fronte alla scheda elettorale, valutino questioni e aspetti diversi. Collegati a opinioni e interessi di tipo personale e territoriale. Per questo, considerano i partiti, ma anche le liste e i candidati.

Di volta in volta. Per lo stesso motivo, i risultati possono cambiare, anche a breve distanza di tempo.

Con effetti "politici" rilevanti, sui partiti. In ambito nazionale. Com'è avvenuto anche dopo il voto "regionale". Che ha amplificato le tensioni interne al M5s. Rese evidenti, già nei giorni precedenti, dalle dimissioni di Luigi Di Maio, da Capo politico. Una scelta meditata. Perché Di Maio non intende abbandonare il Movimento. Tanto meno uscire dalla scena politica.
Al contrario: vuole rilanciarsi.
Infatti, ha mantenuto il proprio incarico di governo.

Il problema, semmai, è la "tenuta" del partito.
Meglio: il "non-partito", come il M5s è stato (in)definito dai suoi stessi fondatori e dirigenti.
Perché è sorto proprio con questo obiettivo. Interpretare una critica alla politica dei partiti. Alla politica dei "politici di professione". Il MoVimento ha, infatti, avviato il suo percorso mobilitando i cittadini intorno a questioni e obiettivi specifici. Collegati, soprattutto, a temi ambientali e di legalità. Un MoVimento per la Controdemocrazia, come l'ha definita Pierre Rosanvallon. Per "significare" una Democrazia del Controllo e della Sorveglianza. Aperta alla partecipazione dei cittadini. Per questo, il M5s rivendica il principio della "democrazia diretta", in contrasto con la "democrazia rappresentativa".
Considerata non democratica. Perché affida agli "eletti" il potere di decidere. Per conto di tutti.

Così, è difficile discutere i problemi del M5s come se si trattasse di un partito "tradizionale". Cioè: di un partito. Perché il M5s rifiuta questa definizione. E, soprattutto, perché è stato votato proprio per questa ragione. Perché si è presentato ed è stato percepito come un "non-partito". Il canale del malessere diffuso, fra i cittadini, nei confronti della democrazia rappresentativa. L'amplificatore della sfiducia verso i partiti e verso i politici "tradizionali". Un non-partito. Appunto. In viaggio nel mare della non-democrazia, verso la terra promessa. La democrazia diretta.

Per questo è improprio trattare il M5s come un partito concorrente. Il "terzo polo", fra Destra e Sinistra. Oltre la Destra, la Sinistra e chi la interpreta.
Il M5s ha sempre costituito un'alternativa ai due poli. Non un altro Polo. È stato votato per non votare gli altri. Contro gli altri.

Qui sta il problema. Anche per il M5s. Perché, quando si tratta di scegliere davvero un governo e un governatore, alle elezioni comunali e regionali: il M5s non ha mai conseguito risultati paragonabili alle consultazioni Politiche nazionali. Ed Europee. Anche recenti. Alle elezioni Europee dello scorso maggio, in Emilia-Romagna, aveva ottenuto quasi il 13%. Non molto. Ma molto più del 3,5% conseguito alle Regionali, una settimana fa. Lo stesso era avvenuto nel 2014, quando, alle Europee, il M5s aveva ottenuto oltre il 19%, a maggio. Per scendere al 13%, pochi mesi dopo, in autunno. Alle Regionali.

Lo stesso è avvenuto alle Comunali. Gli unici successi di risonanza nazionale, infatti, il M5s li ha ottenuti all'inizio del suo percorso, nel 2012. A Parma, dov'era stato eletto Pizzarotti, nelle sue liste. Ri-eletto nel 2017, dopo esserne uscito, con una propria lista.
Successivamente, a Roma e Torino. Nel 2016. Due metropoli "nazionali".
Appunto. Mentre il clima politico e d'opinione era condizionato dal referendum costituzionale, che Renzi aveva "personalizzato". Anche per questo è difficile, per il M5s, recuperare il ruolo e il peso occupati fino a ieri. Da un lato, perché appare a tutti un Partito, a ogni effetto.

Attore della democrazia rappresentativa, in Parlamento. L'Assemblea rappresentativa. Dov'è il partito più rappresentato e rappresentativo. I parlamentari eletti nelle sue liste vengono, dunque, percepiti come Politici di professione. Il Non-Partito dei Non-Politici appare, così, un'etichetta.
Contraddetta dai fatti. E, comunque, poco condivisa nell'opinione pubblica.

Peraltro, il M5s oggi non detiene più il monopolio dell'anti-politica. Visto che tutti i partiti, per prima la Lega, ne hanno fatto un tema dominante della propria narrazione politica. Peraltro, non ha più il monopolio della comunicazione digitale. Il canale della democrazia diretta. La Lega di Salvini, di nuovo, è affiancata dalla "bestia", guidata da Luca Morisi.
Una vera "belva" della comunicazione e della propaganda. Anti-politica.
Così, il M5s rischia di apparire un (Non) Partito incompiuto. Un problema serio. Tanto più in tempi di personalizzazione politica.

Quando i partiti diventano "personali". Si identificano con il Capo. Ma su Di Maio incombe l'immagine del fondatore. Beppe Grillo. E si proietta l'ombra del Signore della Piattaforma. Casaleggio.
Mentre altri "capi", come Alessandro Di Battista, si (ri)propongono. Così, sarà difficile per Di Maio riprendere il ruolo assunto fino ad oggi. Ma, soprattutto, sarà difficile per il M5s recitare di nuovo la parte del "non-partito". Perché il "non-partito" (oggi) è (un) "partito". Ed è difficile convincere gli elettori, anzitutto i propri, del contrario.

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