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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
FRANCIA, IL PRESIDENTE-PARTITO NEL PAESE FRAMMENTATO
[La Repubblica, 25 aprile 2017]

Il risultato dell'elezione presidenziale in Francia costringe a rivedere alcune valutazioni sui sistemi politici europei. Soprattutto, sull'Italia. Da decenni, infatti, e ancora fino a ieri, l'Italia è stata considerata un caso "anomalo". Semmai, un osservatorio sulle tendenze - e sulle deviazioni - della democrazia. Tuttavia, queste letture, ormai, appaiono stereotipi. Luoghi comuni. Perché è difficile parlare di anomalia quando la Francia, modello di democrazia "normale", sembra essersi "italianizzata". Riproducendo i "vizi" che ci venivano attribuiti. In particolare, l'assenza di un bipartitismo-bipolarismo che garantisca alternanza. Fra soggetti di sicura legittimazione democratica, che si riconoscessero reciprocamente.

Fino a ieri, e per molti decenni, il sistema politico francese si è, infatti, retto sull'alternativa e sull'alternanza fra la Destra post-gollista (Rpr) e la Sinistra riformista: i socialisti. Intorno a loro, il Front National, erede del regime collaborazionista di Vichy. Impresentabile, come soggetto politico "presidenziale" e di governo. Non per caso, nel 2002, quando Jean-Marie Le Pen, il padre di Marine, arrivò - sorprendentemente - al secondo turno, venne "travolto", da Chirac. La Sinistra alla sinistra dei socialisti, infine, è sempre stata costretta in un recinto minoritario.

Ma oggi quel modello sembra davvero finito. S-finito dai cambiamenti avvenuti nella società e nell'economia. La crisi ha colpito le periferie territoriali e sociali. Ha logorato le fedeltà antiche. Ha alimentato sentimenti anti-establishment. Che hanno colpito partiti e leader da sempre al governo.

Così, per la prima volta, il candidato del Ps e quello dei Républicains, Benoît Hamon e François Fillon, non parteciperanno al ballottaggio. Che metterà di fronte Marine Le Pen ed Emmanuel Macron. La leader del "Fronte escluso" (per echeggiare il titolo di un noto saggio dedicato da Piero Ignazi al Msi) contro il capo e fondatore di un nuovo Movimento, con un'evidente impronta "personale": En Marche! Le stesse iniziali del Capo.
Naturalmente, in Italia, di poli esclusi e di partiti personali ce ne intendiamo... Marc Lazar, quando ha definito l'Italia un "Laboratorio della democrazia", si riferiva proprio alla capacità di sperimentare novità, magari "anomalie", che, in seguito, si sarebbero riprodotte in Europa.

Perché, in Italia, conosciamo bene la personalizzazione portata all'estremo. E, dunque, i partiti personali. Bossi e Berlusconi, per primi, hanno costruito il partito intorno a sé. Anche se la Lega ha "legato" il proprio successo al "legame" con il Nord padano. Ma oggi Salvini l'ha trasformata in un soggetto di Destra. Nazionale. Personale. E lepenista. Per questo, molto vicino al Fn della sua amica Marine. Lo stesso Matteo Renzi ha imposto la sua impronta personale sul Pd. Che, per questo, da alcuni anni, ho ri-definito, PDR. Mentre il M5s ha spinto all'estremo l'uso della consultazione "personale", attraverso la rete, come metodo e misura della democrazia.

In Francia, peraltro, vige un sistema semi-presidenziale. Che rafforza la personalizzazione della politica e delle istituzioni. Tuttavia, dietro ai candidati presidenti e ai presidenti ci sono sempre stati i partiti. Anzitutto: Ps e Rpr, socialisti e (neo-post) gollisti. Che hanno garantito il rapporto - peraltro forte - con la società e con il territorio attraverso i parlamentari e gli amministratori, visto che si tratta di partiti "di eletti" più che "di massa". Ma oggi, dopo che i loro candidati sono stati esclusi dalla corsa finale alla presidenza, questi partiti appaiono in declino.

Da ciò le incognite dell'ultima fase della campagna presidenziale. E sul futuro politico della Francia. Perché, da un lato, Marine Le Pen appare ancora gravata dal peso del passato. Anche al primo turno, d'altronde, ha intercettato consensi più limitati del previsto. Tuttavia, le prospettive potrebbero cambiare. Marine Le Pen, infatti, esce da questa elezione " dédiabolisée". Cioè, non più demonizzata ed esclusa, se non ancora legittimata. Come ha osservato Francesco Maselli, nella sua newsletter dedicata alla campagna presidenziale, "la candidata del Front National ha partecipato ai dibattiti tv senza che nessuno sottolineasse la sua estraneità ai valori comuni della République ". Rendendo "quasi normale essere lì".

Emmanuel Macron, però, in vista delle prossime elezioni legislative, per vincere, dovrà trasformare En Marche! da Movimento a Coalizione. (Anche se, osserva Stefano Ceccanti, sarà "in luna di miele con gli elettori").
Rischia, altrimenti, di fare il presidente di un Paese in-governabile. Perché politicamente frammentato. Animato dalla sfiducia popolare - e populista - verso istituzioni e partiti. Un Paese pervaso dall'anti-politica, dove si confrontano anti-leader e anti-partiti.

Insomma, questa Francia somiglia molto all'Italia. E rischia, a sua volta, di diventare un laboratorio. Dove si sperimenta la crisi della democrazia. Minata non tanto dal declino dei grandi partiti "storici" - già avvenuto da tempo. Ma dalla loro implosione.

Insomma: l'inizio di un'altra storia.

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