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Le mappe di Ilvo Diamanti
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI

La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica.
AMBIENTE, GIOVANI, UGUAGLIANZA LE PAROLE PER RISCRIVERE IL PAESE
[La Repubblica, 5 giugno 2014]

Abbiamo tentato di tracciare una mappa delle parole utili a "riscrivere il Paese". Per echeggiare il titolo della Repubblica delle Idee, che si apre oggi a Napoli. Parole estratte dai discorsi pubblici e dai dialoghi della vita quotidiana. Dalla comunicazione dei media e dal linguaggio comune. Le abbiamo sottoposte alla valutazione dei cittadini, intervistati attraverso un sondaggio condotto da Demos-Coop. Ne abbiamo ricavato una rappresentazione interessante. Anche se i sondaggi non godono di buona fama, in questi tempi. Tuttavia, chi li considera non degli oracoli, ma strumenti per cogliere gli atteggiamenti del (e nel) presente, ne può trarre indicazioni - a mio avviso - utili. Circa i riferimenti della società e le parole per dirli. Il che, in parte, è lo stesso. Ne esce una raffigurazione, per molti versi, coerente con le attese. Ma, comunque, significativa. Perché supera il perimetro dello stereotipo.

Se partiamo dal "fondo", la regione della mappa in basso, a sinistra, dove si concentrano le parole che combinano un sentimento ostile con una previsione negativa, circa l'importanza futura, incontriamo subito Berlusconi, accanto a Grillo e agli ultras (del tifo). Parole "gridate". Come i loro protagonisti. Spinti ai margini, ma tutt'altro che marginali. Al contrario. Perché dividono.

Descrivono un "Paese in curva", nel calcio come in politica. Dove la maglia e la fedeltà servono a marcare i confini contro gli altri. I bianconeri e i nerazzurri. Rossoneri e giallorossi. Comunisti e berlusconiani. Da mandare tutti quantia Vaffa... Appena più in su, incontriamo le "parole di ieri". Indicano soggetti senza futuro, oltre che deprecabili e deprecati. Ma, si sa, i sentimenti, spesso, colorano anche le previsioni... Le "parole di ieri", comunque, hanno una specifica connotazione "politica". Associano i partiti ai politici. Ma richiamano anche alcuni progetti di riforma. Il presidenzialismo e lo stesso federalismo. Ieri professato da tutti. A parole (appunto). Oggi non piace e non ha futuro. O forse: non ha futuro perché non piace più. D'altronde, la stessa Lega preferisce agitare la bandiera della (in)sicurezza, piuttosto di quella padana. Lo stesso "declino" spinge, nelle parole di ieri, lo Stato (mai come oggi, un participio passato). Ma anche l'Euro, "svalutato" anche rispetto all'Europa. Perché è una moneta senza Stato.

Colpisce, semmai, che in questo settore del campo finiscano anche le manifestazioni e la protesta. Le manifestazioni di protesta. In fondo: la partecipazione. Ma ciò suggerisce che la critica verso la politica e le istituzioni non produca (e non si traduca in) mobilitazione e indignazione attiva, come in altri Paesi. Ma, piuttosto, distacco e disgusto politico. "Gridato".

Così, il presente è affidato a Renzi. Unico soggetto politico che ottenga un giudizio positivo, anche in prospettiva. Ciò avviene anche perché risponde alla domanda - diffusa - di un "leader forte". Renzi. Tra le parole del nostro tempo, è posizionato, non a caso, accanto ai media "tradizionali": giornali, radio. E soprattutto la Tv. Perché restano determinanti per comunicare in modo "personale". E per costruire il consenso. Insieme, vecchi e nuovi media, disegnano una "democrazia ibrida". Che insegue il mito della democrazia diretta, attraverso la rete. Ma riproduce, al tempo stesso, i riti del governo rappresentativo, al tempo della personalizzazione. La democrazia del pubblico, che si sviluppa, soprattutto, attraverso la televisione.

In alto a destra, infine, c'è il lessico del futuro. Le parole che evocano un orizzonte atteso. I valori condivisi e le speranze diffuse. Ma anche le domande più urgenti - e insolute. Premiare il merito, combattere la disoccupazione, prima di tutto. Ma anche l'evasione fiscale. Tutelare l'ambiente, valorizzare le energie rinnovabili. Promuovere la crescita economica e gli imprenditori. Lavorare per il bene comune. Potrebbe apparire la lista dei desideri inarrivabili. Dei buoni sentimenti, che è facile invocare, assai meno realizzare. Però, è interessante e, comunque, importante che continuino ad essere evocati e invocati. Come la democrazia e il popolo - sovrano, che ne è il fondamento. E come i giovani. Segno di un futuro che fugge. Letteralmente. E ci lascia sempre più soli e più vecchi. E sempre più delusi.

In cima, come l'anno scorso, è Papa Francesco. Riferimento condiviso da tutti. Perché, più di tutti, ha saputo trovare "parole" in grado di orientare il linguaggio del nostro sconcerto quotidiano. Per dire, senza vergogna e senza violenza, cose tanto comuni quanto eccezionali, nella loro normalità. Perché, per riscrivere il Paese, non occorrono parole nuove, diverse dal passato. Servono parole "credibili". Che, per essere tali, però, debbono essere pronunciate - e testimoniate - da persone credibili. Da soggetti e istituzioni credibili. In modo credibile. Ma proprio qui sta il problema, raffigurato bene da questa mappa. Che rende evidente la distanza fra le parole della democrazia e del cambiamento, eternamente proiettate verso il futuro. E gli attori che le dovrebbero recitare e tradurre: imprigionati nelle parole di ieri. Oppure specializzati nell'agitare i sentimenti e, ancor più, i ri-sentimenti. Impegnati a dare volto e voce, anzi, grida, alla delusione e alla rabbia. Con l'esito di moltiplicare la delusione e la rabbia. Facendo apparire i valori, i luoghi e le persone che evocano il futuro: parole senza tempo. In-attuali. E inattuate.

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