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La generazione globale i giovani realizzano vita e carriera all’estero (11 novembre 2024)
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LE MAPPE DI ILVO DIAMANTI
La geografia degli orientamenti culturali, sociali e politici degli italiani, tracciata dagli articoli di Ilvo Diamanti per La Repubblica. |
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IL CAVALIERE IL PUC E MVB [La Repubblica, 7 ottobre 2007]
MENTRE il Pd si avvia a celebrare il suo rito di passaggio, da "progetto" a "soggetto" politico, la CdL sta alla finestra. Se lo può permettere. Non ha bisogno di "fare politica". E neppure, in fondo, di fare opposizione. Ci pensa l'Unione, da sola. Ad aprire una pluralità di fronti polemici dall'interno. Sul welfare, sulla giustizia, sul taglio dei privilegi (e dei parlamentari), sulla televisione. Anche il vento dell'antipolitica, in fondo, soffia impetuoso soprattutto fra i suoi elettori. Il centrodestra, per questo, si limita a svolgere un'azione supplente. Ribadisce le tensioni che scuotono "l'altra parte". Prepara, a sua volta, manifestazioni di piazza. Come l'anno scorso. E amplifica l'insoddisfazione sociale sui temi che gli sono più favorevoli. Le tasse e la sicurezza. Reclama la "spallata". Nuove elezioni. Al più presto. Berlusconi, soprattutto. Perché teme che la tempesta perda intensità. Che il governo riprenda fiato. Che la gente si assuefaccia all'antipolitica. O, al contrario, che la polemica sui "privilegi" della casta finisca per investire anche la destra. E teme, ancora, Berlusconi, che, col tempo, il dibattito sul Partito Unico di Centrodestra (il PUC) divenga una cosa seria. Trainato, magari, dal buon esito dell'esperimento Democratico. Teme. Perché Berlusconi non vuole un nuovo soggetto politico, che "rassembli" gruppi dirigenti, apparati, leader piccoli e medi. Che costruisca un nuovo sistema organizzativo, con nuove regole. In grado di condizionare il processo decisionale, già oggi complicato. A Berlusconi, in fondo, l'attuale "modello" va bene. Un partito "personale", Forza Italia. Imperniato su una pluralità di gruppi di interesse e di potere locali. Una galassia, di cui egli costituisce l'unico centro. L'unica fonte di identità e di coesione. Intorno, la Lega e AN. "Fedeli per forza". E per necessità. Senza Berlusconi e senza FI non riuscirebbero neppure a stare insieme, tanto sono lontani e distanti, per tradizione e territorio. D'altronde, ci hanno già provato a mettersi in proprio. Ogni volta senza fortuna. Restano i neodemocristiani. L'Udc. Casini l'ha spinta al "centro". In posizione distinta, se non distante, da Berlusconi. Con il quale litiga spesso. Per ragioni "personali", oltre che politiche. Visto che Casini vuole morire democristiano e non "berlusconiano". Tuttavia, egli stesso non può (né vuole) andare oltre il limite che separa destra e sinistra. Anche perché un'ampia parte del suo apparato non lo seguirebbe. Ma ancorarsi al centro, con questa legge elettorale, significa sparire. Per questo, a Berlusconi sta bene questo assetto. Per questo, inoltre, non gli spiace questa legge elettorale (lo ha ribadito anche ieri). Accetterebbe al massimo di ritoccarla, adeguando il sistema adottato al Senato a quello della Camera. Altri sistemi elettorali, alla francese o alla tedesca, accentuerebbero l'autonomia dei partiti, oltre a ridurre il frazionamento. Permetterebbero ad AN, ma anche alla Lega e all'UdC, di trattare in proprio. E il referendum romperebbe, comunque, questo equilibrio precario. Ora, invece, a destra, l'unica colla è Forza Italia. L'unico chiodo è lui. Nella competizione elettorale. E dopo. Quand'è tempo di fare opposizione, ma soprattutto di governare. Allora, Berlusconi si occupa dei fatti del mondo (oltre che dei propri). Agisce da Presidente di una Repubblica dallo statuto incerto. Mentre gli altri leader della coalizione (vassalli, valvassori e valvassini) si affannano a discutere, confliggere, azzuffarsi, nel cortile di casa. Impegnati a piantare le loro bandierine: il federalismo, l'assistenzialismo, la lotta alle tasse e agli immigrati. Per difendere le loro nicchie elettorali. Lui, il Presidente, pronto a intervenire quando proprio non ne può fare a meno. A silenziare, mediare, imporre. Così è avvenuto in passato. Perché cambiare, in futuro? L'idea del PUC, per questo, non entusiasma Berlusconi. Nei fatti, c'è già. Gli elettori di centrodestra, però, sembrano pensarla diversamente. Lo suggeriscono i dati di un sondaggio di Demos-Eurisko (settembre 2007). Due elettori della CdL su tre, infatti, vorrebbero il PUC. Un atteggiamento più diffuso nella base dell'UdC, di AN e di FI. Mentre le resistenze maggiori si rilevano nella Lega. Da sempre la più riottosa, la meno disponibile a "sciogliersi" nella "palude partitica nazionale". Tuttavia, la spinta unitaria degli elettori di centrodestra appare in calo. Dieci punti percentuali in meno, rispetto a qualche mese fa. D'altra parte, anche fra gli elettori di centrosinistra la richiesta di unità, in passato, è cresciuta nelle fasi di maggiore difficoltà. Di fronte alle sconfitte. Davanti alla minaccia del Nemico (Berlusconi). Ora, però, come abbiamo già detto, questa emergenza non sembra incombente, nella CdL. Non c'è neppure bisogno di agitare lo "spettro del comunismo". Anche per questo bastano le polemiche interne al centrosinistra. Invece, costruire il PUC avrebbe l'effetto di aprire nuove tensioni nel centrodestra. Dettate dalle resistenze "partitiche". Ma anche dalla questione della leadership. Come dimostra l'indagine Demos-Eurisko, infatti, gli orientamenti degli elettori della CdL appaiono molto più divisi rispetto al centrosinistra. Dove il primato di Veltroni è apparso, da molto tempo, netto. A centrodestra, invece, Berlusconi vedrebbe la propria leadership seriamente sfidata da Fini. Non solo: si proporrebbe una competizione accesa anche in vista delle posizioni nella gerarchia interna. Soprattutto nella "corrente maggiore": Forza Italia. Dove è cresciuto il peso di Michela Vittoria Brambilla (MVB), che ieri, alla Fiera di Roma, con la benedizione di Berlusconi, ha lanciato i Circoli della Libertà. In una sala affollata e plaudente. Riproducendo il copione sperimentato delle convention azzurre. Certo: la quota di elettori che la vorrebbero come leader resta ridotta: il 4,3%. Quasi tre volte in più rispetto allo scorso giugno, comunque. Inoltre, MVB, oggi, è al quarto posto nella graduatoria "generale" dei candidati alla leadership della CdL. A brevissima distanza da Casini. Ma fra gli elettori di FI supera il 6% e sale al terzo posto. Ciò conferma che Berlusconi può scegliere e decidere il successore come, quando e dove gli pare. Può promuovere una giovane rampante, "telegenica" e aggressiva - "un po' Vanna Marchi e un po' casalinga disperata", come l'ha descritta Aldo Grasso. Fino ad imporla, nelle preferenze degli elettori azzurri, su tutti gli altri. Non parliamo di Elisabetta Gardini o Mara Carfagna. Ma (come mostra il sondaggio Demos-Eurisko) di Letizia Moratti, Roberto Formigoni e perfino Giulio Tremonti. Per non parlare - immaginiamo - degli altri dirigenti, da Bondi a Cicchitto. In aggiunta, il favore per il PUC, nella base della CdL, cresce insieme all'insofferenza verso i partiti. Raggiunge, infatti, il massimo fra i sostenitori di Grillo. In particolare, fra quelli della Brambilla e di Berlusconi. D'altronde, il Cavaliere ha, da sempre, assecondato il soffio antipolitico degli italiani. E MVB, ieri, alla Fiera di Roma, accanto a lui, gli ha fatto il verso. Perché, allora, inseguire una "moda" sociale - l'antipolitica - che egli ha già anticipato per tempo e da tempo? E continua a interpretare, insieme alle sue giovani "scoperte"? Se il centrosinistra, dodici anni dopo l'invenzione dell'Ulivo, oggi approda al PD, per lasciarsi alle spalle l'eredità ingombrante e frammentaria dei partiti di massa della prima Repubblica, ebbene: sono fatti suoi. Nel cratere aperto a centrodestra da Tangentopoli, sulle macerie dei partiti di governo, il Partito Unico è già sorto. Eretto in pochi mesi, nel 1994, da Berlusconi. Che, da allora, si è limitato ad aggiornarlo. Modificarne i confini, i volti, le parole. Perché il PUC è lui. |
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